venerdì 25 maggio 2012

Al cinema con...

Con oggi inauguro una nuovissima rubrica intitolata : "Al cinema con...Cristina Perrotti"!!!!
Chi è Cristina Perrotti!?!?!?! Innanzitutto è una mamma...e questo potrebbe già bastare per definirla una vera e propria Wonder Woman!!! E poi? E poi cliccate un pò qui e....ecco che così scoprirete chi è Cristina!!!
Questa rubrica, questo spazietto si occuperà di recensione di film per bambini, per suggerire, per commentare, per ridere assieme ma soprattutto per criticare!!! Sì perchè una recensione è fondamentalmente una critica, in senso buono, un approfondimento per decidere se portare i propri figli al cinema, per scegliere il film giusto per andare o tornare  al cinema e avere una "visione" diversa della proiezione appena gustata!!! Un ringraziamento speciale va Cristina Perrotti che dedica il suo tempo a questa rubrica per pura passione e amore per il cinema!!! A proposito...ricordatevi di segnare questo appuntamento sull'Agenda delle mamme super e impegnate...;-)

Ciak, che emozione!
L’esperienza del cinema nei bambini (e negli adulti)
della dott.ssa Cristina Perrotti
Complice la mia attività, un master, e un figlio che al pari di me è un grande appassionato di cinema, mi godo le meraviglie della settima arte tutte le volte che posso: spaparanzata sul divano di casa con i realistici effetti dell’home theatre ma anche al cinema, sprofondata nella morbida poltrona rossa, in una mano le immancabili popcorn e nell’altra una birra fresca (io la birra, il bambino si accontenta di una bottiglietta d’acqua leggermente frizzante).
Il film di cui vorrei parlarvi oggi non è tra gli ultimi usciti (è del 2011), e probabilmente non lo troverete più neanche nelle sale cinematografiche (non resta che sperare nel DVD) e forse non è neanche tra i più conosciuti dal grande pubblico, in ogni caso mi sembrava interessante per parlare di quel ventaglio di emozioni (e occasioni di apprendimento involontario) che entrano in gioco davanti alla magica invenzione dei fratelli Lumière.
Leafie è il titolo, La storia di un amore il sottotitolo italiano http://www.mymovies.it/film/2011/leafie/ (quello originale è “Una gallina in libertà” che forse richiamava troppo un altro cartone, Galline in fuga). Il film è firmato dal regista coreano Oh Seongyun, aspettatevi quindi puro minimalismo e scordatevi gli effetti speciali tipici della Pixar: durante i 93 minuti di programmazione non sobbalzerete dalla sedia per l’ultima trovata cinematografica o per realistici effetti in 3D (qui non si allungano le mani per toccare il fiocco di neve e non ci si abbassa per tentare di schivare il missile atomico che viene nella nostra direzione): il cinema coreano parla di sogni, desideri, speranze, paure, e lo fa mettendo in scena la vita. Tout court, senza effetti speciali. Di veramente speciale conoscerete la bizzarra protagonista, Leafie, una gallina stanca di fare vita da pollaio, che sogna di uscire da quella prigione e andare oltre il cortile. Una volta fuori dovrà fare i conti con la sua nuova vita, fatta di nuovi amici ma anche di nuovi pericoli e dell’inaspettata esperienza della maternità che cambierà tutti i suoi programmi. La sua vita - e la sua morte - sono raccontate usando le tinte naif di un cartone a due dimensioni, ed è nei chiaroscuri della narrazione, quelli che meno spesso vengono trattati nel cinema destinato ai bambini, che viene fuori tutta la crudezza del reale e la grazia di questa delicata gallina che diventerà mamma covando l’uovo di un germano reale, rimasto senza madre e senza padre perché entrambi uccisi da One eye, la spietata donnola, l’antagonista femminile della storia.
Ed ora un piccolo siparietto personale. Verso la fine del film, quando il pathos sale alle stelle, Gio’ mio figlio, mi è saltato in braccio. Quando gli ho chiesto la ragione di questo gesto mi ha risposto: - Mi sono emozionato. Gio’ ha 8 anni.
Ecco ci sono film, ed è il caso di Leafie, dove la scelta registica è quella di non mostrare
l’avvenimento chiave, crudo, ma piuttosto di lasciarlo intendere, anche quando questo è importante ai fini della narrazione (o forse proprio per questo). Nel film in questione, ad esempio, nella scena finale in cui la gallina protagonista affronta con sacrificio una scelta difficilissima, il film letteralmente sparisce e lo schermo diventa nero, ed è proprio questa assenza di immagini (e di musica) a descrivere la drammaticità del sacrificio di Leafie meglio di tanti altri frame. E la nostra immaginazione a questo punto completa la storia, partendo proprio da dove il regista ha interrotto la sequenza.
Cosa è successo durante il black out? Leafie, vecchia e sola perché il suo Greenie raggiunta la maturità si è unito ai suoi simili per il viaggio migratorio, si offre volontariamente come preda alla donnola, acerrima nemica di sempre (è lei ad aver reso orfano dei genitori naturali il piccolo Greenie). Lo fa perché ne comprende le difficoltà di madre come nessun altro: One eye è sola, senza cibo e con una numerosa prole da sfamare.
È a questo punto che, inevitabilmente, ci si commuove, è la conferma che non solo siamo in sintonia con questa tragica scelta, ma anche che siamo stati capaci di completare il quadro, diventando in un certo senso co-autori della trama.
Ma quali altre reazioni e stimoli ci toccano ogni volta che vediamo un film? Ho provato a farne una lista, eccola:
- Sentimenti e valori considerati virtù nella nostra società contemporanea trovano nei film (così come nei cartoni animati televisivi), e Leafie non fa eccezione, ampio spazio: amicizia, lealtà, gioco di squadra e generosità sono sempre ben rappresentati.
- Non mancano mai modelli di esempio positivo, così come non manca l’esercizio a confrontarsi con l’altro, diverso da noi, per provenienza, cultura, “razza”. Ad esempio, nello stagno dove si trasferiscono a vivere Leafie e il suo figlio adottivo, questa strana famiglia (mamma gallina e germano reale figlio) non è ben vista da tutti; si crea così un’occasione per riflettere sul tema dell’emarginazione.
- Ma anche su un altro tema di grande attualità sociale, quello dell’adozione, e non è certo casuale il fatto che questo tema sia trattato sempre più spesso in molti film destinati ai bambini (Kung Fu Panda forse ne è l’esempio più famoso http://www.mymovies.it/film/2008/kungfupanda).
- Citazioni e rimandi giocosi all’ampia letteratura cinematografica non mancano mai, creando così una sorta di grande ipertesto cinematografico, ricco come una miniera di spunti da cui attingere in svariate occasioni. Ad esempio il pipistrello, un animale tra i protagonisti della storia, mentre è intento ad offrire le sue lezioni di volo al piccolo germano, fa il verso a Batman atteggiandosi in una delle sue famose piroette, strappando così un sorriso agli adulti in sala ma anche a tutti i bambini che conoscono il mitico supereroe. E quelli che invece Batman non lo conoscono? Nessun problema, ridono lo stesso, la scena è veramente buffa.
- Non mancano spunti per un’educazione all’ambiente e per una sana alimentazione. Galline chiuse nel pollaio ci fanno venire in mente gli allevamenti intensivi nell’occhio del ciclone da anni per il tipo di vita a cui gli animali sono costretti (a voi non è venuta voglia di mangiare solo uova di galline libere - che non vuol dire “Allevate a terra” - dopo aver visto “Galline in fuga”?).
- Il film è anche occasione per fare la conoscenza della flora e della fauna. Nel delicato cartone coreano insieme alle galline si vedono tanti altri animali: lucciole, germano reale, donnola, pipistrello, ragni, mantidi, scoiattoli, picchi e tanti altri.
- Un aspetto che viene sempre poco considerato è quello dell’attenzione, che va mantenuta per circa un’ora a mezza (la durata standard di un cartone per bambini). Un ottimo esercizio considerato che i bambini a partire dai 6 anni sono costretti ad una vita scolastica che il più delle volte è molto statica e sedentaria. Potrebbe essere questo un piacevole allenamento?
- Il cinema è anche una palestra per “allenare” sentimenti. Tanti sono quelli chiamati in causa durante la visione di Leafie: la paura, quando il contadino cerca di tagliare le ali al piccolo Greenie; la gioia, quando Greenie riesce finalmente a spiccare il volo e a sfuggire all’attacco della donnola; la sorpresa, quando scopriamo che la donnola è madre a sua volta; ma anche il timore dell’essere emarginati, in quanto diversi. Insomma tante piccole lezioni di vita, quelle che una volta venivano veicolate dalle fiabe1 ora viaggiano attraverso i film, che sono diventati i nuovi collettori del sociale e nuovi ambienti di apprendimento.
Per finire, due aspetti particolarmente interessanti a mio giudizio sono ben trattati e
   raccontati in questo film. Il primo è il forte uso della simbologia legata alla crescita e al distacco tra madre e figlio. Per mettere in scena il passaggio dal ruolo di figlio a quello di adulto, il regista usa una delicatissima trovata narrativa: un nastrino rosso che annodato alla zampetta del piccolo Greenie si staccherà solo grazie alla determinazione della mamma. Una mamma a tutti gli effetti, anche se adottiva. E poi la ginnastica mentale che ci fa fare il regista, che ci spinge a cambiare opinione sulla donnola. Sorprende, considerato che è l’opinione sulla protagonista cattiva del film quella che stiamo modificando: One eye, la predatrice assassina, se è vero che ci appare senza scrupoli all’inizio del film, è umana, debole e in difficoltà alla fine del racconto. Le tonalità dei grigi in questo film non mancano e a me sembrano un ottimo esercizio per raffinare un pensiero libero e liberale.
Vorrei chiudere citando il commento della prof.ssa Pravadelli (Storia della critica e della teoria del cinema, al DAMS dell’Università degli studi Roma Tre), che qualche giorno fa ha concluso così la sua lezione: “Sono i prodotti dell’intrattenimento che vanno studiati perché sono loro che formano l’identità. Quindi sì, certo, va bene Joyce, ma non scordiamoci il cinema e tutte le altre forme di intrattenimento”.
Buona visione!


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